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Margherita Venetucci, tra passione, mantra e sapori.

Margherita Venetucci sommelier roma

Inauguriamo questa nuova “rubrica”, tutta dedicata al mondo dei sommelier con un’intervista d’eccezione. Abbiamo incontrato, infatti, Margherita Venetucci, appassionata di vino da oltre vent’anni che ha fatto di questo amore una seconda attività. Ci accomodiamo nel dehors di un noto cocktail bar di Roma e, mentre sorseggiamo il nostro calice in un tiepido pomeriggio primaverile, Margherita mi racconta di sé, del suo lavoro e di cosa significa essere una sommelier.

Le chiedo subito: da dove nasce la tua passione per il vino e cosa ti ha spinto a diventare sommelier?

È stato un percorso graduale, partito circa una ventina d’anni fa, nato dalla semplice – e se vuoi banale – curiosità di assaggiare il cosiddetto nettare degli dèi per capire se anche io ne avrei tratto piacere. Non solo è stata una scoperta, ma mi ha proprio ribaltato la prospettiva! Mi sono resa conto che il vino va capito, ascoltato, studiato. A me il vino emoziona ed essere in grado di decodificare le sue sfumature, degustarlo con consapevolezza e cognizione di causa mi inebria.
Mi sono avvicinata in punta di piedi, andando in giro per cantine, assaggiando tanti vini, partecipando alle manifestazioni, alle masterclass, viaggiando alla scoperta dei territori. Alla fine ho deciso di dare un senso a tutto questo percorso e ho conseguito, così, la qualifica di sommelier presso la FISAR (Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori).
Immagino però che questa non sia la tua attività esclusiva?
No, infatti! (ride) in realtà mi occupo di formazione comportamentale, sono trainer in un’azienda di telecomunicazioni. Dedico il mio lavoro a coloro che hanno voglia di mettersi in discussione, che hanno l’esigenza di cambiare e sperimentare nuovi modi di comunicare e approcciarsi alle cose. Se ci penso, in effetti è tutto coerente 😊 vista la mia passione, questa vocazione un po’ ce l’ho nel sangue. Caspita! E dicci un po’: qual è secondo te la caratteristica che un buon sommelier dovrebbe avere? Bella domanda. In primo luogo deve avere le competenze tecniche acquisite, appunto, attraverso un percorso didattico adeguato, che va costantemente aggiornato. La formazione non si ferma neanche in questo campo. Si continuano a scoprire – e riscoprire – vitigni, cloni, nuovi metodi e strumenti per coltivare meglio e con tecnologie più efficienti, che garantiscono peraltro sempre maggiore qualità. In aggiunta, un buon sommelier dovrebbe avere discrete capacità comunicative per narrare il vino e offrire una vera e propria esperienza sensoriale. Chi si avvicina al vino va coinvolto, incuriosito e ingolosito! Perché il vino, non dimentichiamocelo, è gioia 😊 infine, non può mancare la conoscenza diretta, grazie agli assaggi, agli allenamenti e agli approfondimenti personali sul campo (andando in vigna, in cantina, parlando con i vignaioli, gli agronomi, i produttori, gli enologi…).

Ti va di dirci un vino che tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita?

Ecco, questa è una domanda veramente difficile! Sceglierne uno è una sfida quasi impossibile. Personalmente prediligo i vini italiani, anche rispetto ai più blasonati vini francesi. Mi spingo oltre: i nostri vini, secondo me, sono realizzati meglio e sanno regalare emozioni incredibili. Abbiamo una varietà infinita e niente da inviare agli altri Paesi.

Tornando alla tua domanda, mi sento di consigliare la Tintilia in versione rosata. Approfitto sfacciatamente del momento per sdoganare il luogo comune secondo il quale il vino rosato è adatto quasi esclusivamente ad un aperitivo estivo ed è prediletto perlopiù dal pubblico femminile. Al contrario, il vino rosato è estremamente versatile perché adatto ad accompagnare tutto il pasto e in ogni stagione. La Tintilia è un vitigno a bacca nera autoctono del Molise che ha rischiato di scomparire e che è stato salvato solo grazie alla caparbietà di alcuni vignaioli. La Tintilia rosata è stata una scoperta illuminante che mi ha totalmente conquistato. Dotato di una personalità suadente, si rivela un vino avvolgente, elegante, diverso e molto affascinante. Insomma, da scoprire.

E com’è invece il Lazio per gli appassionati del vino e per i sommelier?

È un territorio molto variegato, incastonato tra colline, piane, montagne e mare, che offre tantissima scelta in termini di cantine, produzioni, esperimenti in vigna, terroir. Purtroppo il Lazio porta

con sé la nomea di produttore di vini da tavola e da taglio. Sono nate, però, tante realtà recenti o realtà reinterpretate, perché guidate o subentrate dalle nuove generazioni che stanno dando nuova linfa vitale al settore. Come sommelier, e appassionata, non posso che apprezzare questa volontà di puntare sull’autoctonia, sul recupero del territorio ma anche sulla sperimentazione e sulla qualità. Insomma: non esiste solo il Frascati!

Ultima domanda: cosa dovrebbero aspettarsi i nostri corsisti di Roma?

Tanto entusiasmo, tanta voglia di condividere un patrimonio prezioso come quello della conoscenza del vino e una passione sconfinata! Io credo molto nella condivisione, perché significa dare e ricevere energia, spunti, conoscenza. Significa crescere insieme, divertendoci. Insieme possiamo anche divulgare il bello. Il bello, insieme al buono, ci fa vivere bene, ci fa entusiasmare, ridere, ritrovare l’armonia. Tutto questo lo metteremo nei calici!

Sono convinta da sempre, infatti, che il vino sia prima di tutto un’occasione conviviale. Che va di pari passo col piacere di stare insieme. È poi un modo “particolare” per conoscere ancora meglio il nostro Paese che, si sa, è ricco di storia, tradizione, cultura e spunti.

 

Il suo prossimo corso: 

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